giovedì 8 settembre 2011

Capitolo XXXVI - Questa è la mia casa

O signore dell’universo
ascolta questo figlio disperso
che ha perso il filo e non sa dov’è
e che non sa neanche più parlare con te.
O Signore dei viaggiatori
ascolta questo figlio immerso nei colori
che crede che la luce sia sempre una sola
che si distende sulle cose e le colora
di rosso di blu di giallo di vita
dalle tonalità di varietà infinita
ascoltami proteggimi
ed il cammino quando è buio illuminami
sono qua in giro per la città
e provo con impegno a interpretare la realtà
cercando il lato buono delle cose
cercandoti in zone pericolose
ai margini di ciò che è convenzione
di ciò che è conformismo di ogni moralismo
e il mondo mi somiglia nelle sue contraddizioni
mi specchio nelle situazioni
e poi ti prego di rivelarti sempre in ciò che vedo
io so che tu mi ascolti anche se a volte non ci credo
O Signore della mattina che bussa sulle palpebre quando mi sveglio
mi giro e mi rigiro sopra il mio giaciglio
e poi faccio entrare il mondo dentro me
e dentro al mondo entro fino a notte
barriere confini paure serrature
cancelli dogane e facce scure
sono arrivato qua attraverso mille incroci
di uomini di donne di occhi e di voci
il gallo che canta e la città si sveglia
ed un pensiero vola giù alla mia famiglia
e poi si allarga fino al mondo intero
e poi su vola alto fino al cielo
il sole la luna e Marte e giove
saturno coi suoi anelli e poi le stelle nuove
e quelle anziane piene di memoria
che con la loro luce hanno fatto la storia
gloria a tutta l’energia che c’è nell’aria
Questa è la mia casa (la casa dov’è?)
la casa dove posso stare in pace con te.


Hai ragione a dirmi “E’ inutile che parli napoletano, che tu napoletana non sei.”. Fai bene a ricordarmelo. O meglio, fai bene a dirmi che non appartengo a quella tribù di scimmioni che abita la parte del globo in cui abiti tu, che con Napoli, ahimè, ha poco a che fare. Scrivo perché all’inizio questa tua affermazione mi ha fatto rimanere male. Ma come, mi sono chiesta, abito per 15 anni nello stesso posto ed ora non posso nemmeno sentirmi a casa nel parlare come credo si debba fare in un posto così?
Sì, perché non è che le radici uno se le sceglie. Per carità. Se fosse stato così sarei stata settentrionale non solo di nascita. Sì, non avrei certo scelto quel buco fetoso in cui ho vissuto per tutto sto tempo, e proprio questo mi ha portato a pensare che hai ragione. Perché sforzarsi di sembrare patetici, quando si può avere molto di meglio? Quando il mare non è pieno di motorini e lavatrici, quando l’aria è ricca di ossigeno, quando il sole splende senza i fumi della diossina, perché cercare di aggrapparsi a qualcosa che queste meraviglie può solo sognarle? Ho parlato con una donna che conosco, ha origini come le tue, quindi non parla per partito preso. Organizza matrimoni e si occupa di complementi d’arredo nel tempo libero. Beh, sai cosa mi ha detto? “Di tutte le persone con le quali ho avuto a che fare nel corso della mia carriera, le peggiori venivano da lì.” Questo mi ha detto. Ora, sarà davvero che l’alta concentrazione di materiali tossici nuoce alla salute, o sarà che semplicemente si è perso il senso della modestia, qui non ho trovato niente di tutto ciò. Ora mi sento a CASA, e se comincio a parlare barese non giudicatemi: QUESTA E’ CASA MIA.

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